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domenica 19 maggio 2013


UN VIAGGIO A SCROCCO 

I CAMIONISTI.

Un viaggio di 8500 km per il Sudamerica, con pochi spiccioli in tasca, non si affronta se non in autostop. Una volta caricato lo zaino, con il minimo indispensabile: mutande e calze(pesanti) , 4 o  5 magliette , 2 pantaloni , una felpa, un sacco  a pelo e una tenda(e crema solare,con il sole del deserto non si scherza). Se viaggi in coppia e sei il ”maschio” della situazione, non ci sarà nessuna spartizione equa del peso. I Kili in più se li caricherà sempre il “maschio Alfa”. Una volta raggiunta la postazione migliore per il “dedo”, di solito una stazione di benzina,ma spesso nel deserto, qualsiasi cosa che faccia ombra, dopo 2 o 3 ore di dito teso e dolori ai tendini della mano, il viaggio comincia.

Quando i camion sfrecciavano ,portandosi con sé  polvere e creando mini tornado che mi avvolgevano completamente pensavo : “perché sti stronzi non si fermano mai ?!”. Quando all’ennesimo camion, mordicchiando l’ultimo pezzo di panino ,l’unico superstite della sera precedente, ero ormai rassegnato, puntualmente si fermava uno di questi giganti e mi riempiva il cuore di felicità e ,quasi sempre, finivo mezzo strozzato. Nonostante ,oltre al pollice in su, eravamo forniti di cartelli con la nostra destinazione giornaliera, la frase preferita dei camionisti era: “pa’ donde van?” (dove sono diretti?). Queste parole erano la rassicurazione finale.
Il “pa’ donde van”,  è come il “fifa tsn gheim” di FIFA ’98 : obbligatorio per cominciare a giocare. Comodi ,seduti a 2 metri e mezzo dal suolo,con lo sguardo fisso sui paesaggi mozzafiato del deserto, a 90 all’ora ,cominciava la seduta psicoanalitica. Più per sicurezza  che per mania, cominciavo ad analizzare il profilo psicologico dei vari camionisti. Se un camionista è un potenziale assassino , con un poco di attenzione, lo si vede da subito. Certo, una volta  a bordo, ti tieni il camionista maniaco e aspetti la morte, ma almeno la aspetti consapevolmente. Per fortuna nessuno dei nostri “traghettatori”  era un maniaco omicida, anche se molti avevano personalità e profili psicologici abbastanza particolari. Generalmente il 70% dei camionisti è alienato. Questa porzione di camionisti, parla sempre del suo lavoro, del perché lo fa, del fatto che la strada lo libera dalle preoccupazioni di tutti i giorni. Spesso questo “genere” di camionisti  ha una famiglia. I loro camion sono più che altro album fotografici portatili in continua evoluzione. C’è la sezione “figli dalla prima moglie”,poi quella “figli dalla seconda moglie” e alla fine la “sezione devozioni”. Oltre a Cristo , i più venerati dai camionisti cileni, sono la Madonna e San Expedito( patrono di tutte le cause, expedito in spagnolo significa, spedito, veloce. Quindi è un Santo davvero efficiente). La poligamia è abbastanza diffusa tra i “camioneros” cileni. I pochi single accanto ai santi protettori appendono decine di calendari, ma , a dire il vero, i calendari non sono prerogativa esclusiva dei “solteros”, spopolano anche tra gli ammogliati, nella sezione “svago”. Dire alienato ,non è disprezzare il camionista, con la maggior parte di questi ho avuto belle esperienze e non mi sono annoiato. Grazie all’incontro con gli “alienati” so,per esempio, che è meglio comprarsi un camion americano,che combina potenza e velocità. Invece i camion europei, più accurati nel desing, abbinano il comfort a basse prestazioni. Ma oltre a queste perle tecniche, viaggiare con gli alienati è un’esperienza che ti apre gli occhi su molte cose. Mi sono più volte soffermato a pensare : ci sono moltissimi camionisti sparsi per il mondo e a nessuno è mai interessato cosa gli passa per la testa, perché hanno scelto di essere camionisti , quali sono le loro idee politiche, che cosa sanno del “mondo reale”. I miei dubbi li ho riversati su di loro e si sono trasformati in risposte stupefacenti. Chiaramente una buon parte , fa questo lavoro perché è ben pagato, questi sono i veri alienati. La maggior parte ,però, lo fa perché gli piace davvero. Pare che passare settimane al volante su lunghe strade monotone ,rischiando la vita , completamente soli, li aiuti a pensare e a maturare convinzioni. Alcuni di loro mi azzarderei a chiamarli “filosofi metropolitani”.
L’altro 30% è ancora più stupefacente. Ci sono gli accoglienti/ospitali. Considerano il camion la loro casa, ti fanno sdraiare sui loro letti, ti offrono da mangiare , da bere e ti fanno scegliere la musica. Sono passivi, a loro piace ascoltare, quindi io parlavo. Ci sono poi i filantropi , che sono i peggiori se si vuole percorrere grandi distanze in poco tempo. A me è capitato di dover percorrere 300 km con uno di questi filantropi. A dire la verità all’inizio il tipo poteva essere inserito tranquillamente nella categoria degli ospitali, ci ha offerto da mangiare e da bere. Si è rivelato filantropo quando,dopo 1 ora di cammino , si è fermato per la prima volta a offrire da bere ,da mangiare e a regalare qualche spicciolo al famosissimo eremita del km 1265 della ruta 5. L’eremita merita un breve inciso. Per giorni, tutti i vari camionisti ci  hanno raccontato di lui. Ci dicevano che era stato coinvolto in un incidente automobilistico ( all’altezza dello stesso km) e che tutta la sua famiglia ,che viaggiava con lui, era morta. Da quel giorno, narra la leggenda , il tipo si è costruito con le proprie feci una specie di igloo (bianco,per non attirare i raggi solari),  sta cercando di sviluppare e migliorare la stessa tecnologia per costruire un complesso di case nella città più vicina e parla con gli alieni (venusiani). Chi si trova a passare di lì e conosce la storia lascia all’eremita cibo , acqua e spiccioli. L’eremita sceglie e ringrazia(molto freddamente). Quel giorno , l’eremita accettò il nostro pane ,anche se non era “fresco”, ci tolse così la nostra cena. Ma il filantropo non è mai domo, non si stanca mai di aiutare. Il filantropo che ci toccò quel giorno era un campione di generosità. Prima di arrivare alla nostra destinazione si fermò altre 2 volte. La prima per aggraziarsi la Vergine Maria,in un santuario costruito lungo la strada e la seconda per aiutare una professoressa trentenne con annessa prole di pochi mesi e genitori ultrasettantenni , rimasti per ore nel deserto accanto alla loro auto in panne. Durante tutto il cammino non smise mai di giustificare i suoi atti di bontà con la frase : “io faccio del bene,perché  alle persone che fanno del male Dio non le aiuta. Vedete, per esempio il mio compagno che non vi ha voluto prendere a bordo, lui è cattivo ed è già stato punito. La settimana scorsa ha avuto un infarto,ma lui continua a comportarsi male. Nonostante questo, io continuo a “scortarlo” , perché sono buono.” L’ultima categoria sono i “cazzari” o, per dirlo in italiano corrente, i mitomani. I camionisti che rientrano in questa categoria esagerano qualsiasi cosa .Che sono dei “cazzari” lo capisci, perché tutti i “cazzari”, prima o dopo, in 6 ore di viaggio , sparano la “cazzata” del secolo che li sbugiarda. A noi ci toccò il “cazzaro” l’ultimo giorno. Fu il “dulcis in fundo”. Appena mi vide, esausto dopo 2 ore e mezza di attesa, mi chiese : “di dove sei?” ed io “Italiano” e lui “io non prendo italiani, non mi piacciono!”. A quel punto della conversazione, combattuto, tra la volontà di arrivare il prima possibile a casa e l’orgoglio nazional-popolare ,stavo quasi girando le spalle e lasciandolo alle sue stupide convinzioni razziste, quando mi disse: “vabbè, se la tua ragazza è cilena,potete salire”. Salimmo a bordo. I "cazzari", al contrario degli ospitali, sono super attivi,loro parlano in continuazione, quindi  Io annuivo. Tutto quello che il tipo ci diceva, ricorrendo alle migliori tecniche di retorica ci sembra assolutamente indiscutibile. Vero al 100%. Ci raccontò in 2 ore la sua vita a metà tra il gangster dei film americani e il banchiere della porta accanto. Tra traffici di stupefacenti in Germania, dove il nostro "cazzaro" studiava inglese, al  banchiere in Cile, con il colpo di scena finale (tipo film strappalacrime). Il nostro camionista cambiò vita e decise di aiutare il fratello ,investendo i soldi che aveva guadagnato illegalmente in Germania, comprando un camion e aprendo un’impresa di autotrasporti. Giustamente l’artefice del cambio fu la signora anziana, la sua vicina di casa, che in punto di morte gli aprì gli occhi sui veri valori della vita. Da quel giorno sfreccia su e giù lungo la panamerica , in compagnia del suo amato fratello, con il quale si  tiene in contatto  via radio ogni 5 secondi. Chiaramente il nostro ex “bad boy”  vive una storia tormentata con la madre dei suoi figli( anche lui rispetta la regola della poligamia), che lo lasciò per mettersi con  un poliziotto. Indovinate! In preda ad un raptus di gelosia , il mio amico camionista, malmenò il suo rivale in amore, lo mandò all’ospedale e da quel giorno è un camionista ricercato. Ricapitolando,noi ci trovavamo di fronte ad un bad boy ,all’ imbrunire,in pieno deserto. Non dico paura,però un po’ di impressione era normale che ci provocassero i suoi racconti. Il nostro cazzaro, però , quanto mancava 1 ora e mezza  alla nostra meta, si sbugiardò. Si fece prendere la mano e ci disse: “io lo so che voi lo sapete, mi avete già incontrato, io sono un angelo!” . Tra un suo monologo e l’altro, precedentemente,io avevo parlato di mio nonno , della sua gioventù da boscaiolo e del fatto che andava al bosco in groppa ad un asinello in piena notte. In un raptus di mitomania, mi guardò fisso negli occhi e mi disse : “tuo nonno non ti ha mai raccontato di quando l’asino gli parlò?”. Si sbugiardò. Nonostante le cazzate, le opere buone, la loro accoglienza tutti le categorie descritte sono abbastanza piacevoli. Le lunghissime ore di viaggio passano veloci e la stanchezza lascia lo spazio alla curiosità.
 L’ultima categoria, al di sopra di tutte le precedenti è quella del camionista “pesante”. Non pesante, grasso,ma pesante noioso. Il tipico camionista “pesante” a mala pena ti saluta quando entri nel camion, non ti dirà mai il suo nome e se parla è solo perché è un umano anche lui, ed ogni tanto qualcosa deve dirla. Il camionista “pesante” è il più pericoloso di tutti. Con la sua estrema passività,allontana tutti gli spunti di conversazione. Ascolta musica super rilassante. Salire sul suo camion è come prendersi un sonnifero. Il colpo di sonno per lui e per chi viaggia con lui è sempre in agguato. Per questo motivo io e la mia ragazza ci siamo inventati la tecnica del “sonno alterno”. Uno di noi due si siede al lato del camionista e comincia a bombardarlo di domande, cercando di trovare l’argomento che lo stimola,l’altro si apparta sul letto del camion. Chiaramente, la tecnica funziona se i due passeggeri collaborano : uno riposa e l’altro lavora. Nel nostro caso,io ero il prescelto per cominciare. Era durissima, il paesaggio bello,ma monotono del deserto appesantiva i miei occhi, la stanchezza di giorni di “ viaggio  a scrocco “ faceva il resto. Io puntualmente crollavo e la mia ragazza continuava a sognare. Per fortuna il camionista “pesante” non si trova noioso e non si appisola mai.
Paz amor y libertad.

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