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martedì 21 gennaio 2014

Sacarse la Chucha



“Sacarse la Chucha” tradotto letteralmente dal Cileno all’Italiano avrebbe davvero poco senso. Suonerebbe tipo “togliere la cosa”. Chucha è l ‘equivalente del toscano “coso”. I Cileni parlano così velocemente  che ,a volte, gli si offusca il cervello e le parole mancano,l’unica soluzione alla momentanea apnea celebrale è inventarsi parole semplici e dargli significato a piacere, spesso questi neologismi casuali diventano di uso comune. Per chi volesse avventurarsi ai confini del mondo ,spingendorsi a ovest del nostro continente nella terra dei terremoti ,del rame e  di Vidal, è utile sapere che il forbito vocabolario cileno si arricchisce di parole multi-uso, fondamentali in momenti di difficoltà. Oltre alla “Chucha”, vi è  l’onnipresente “wea”, più o meno l’omologo, non esiste in nessun vocabolario spagnolo,ma in Cile è sulla bocca di tutti. Poi vengono i vari derivati, il più famoso è  “weon”, che detto in cagnesco è un appellativo offensivo,l’equivalente del nostro coglione, che all’occorenza,con il sorriso sulle labbra, si trasforma, come la “chucha”, in coso.

Tornando a noi: “Sacarse la chucha”. Questa è la tipica esperessione ,per avvicinarci meglio alla comprensione del significato,che i “guappi” dei quartieri cileni usano  per riassumere una rissa finita male: “Nos Sacaron la Chucha”. È la tipica espressione che i genitori stremati dai capricci del figlio ribelle usano come ultimo disperato appello per redimere il “figliol prodigo” , di solito suona  così: “te vamos a sacar la chucha”.

Nel viaggio sono stato spesso in situazioni limite, ho rischiato molte volte di “sacarme la chucha”, per questo controllavo attentamente ogni possibile segno di squilibrio dei camionisti che ci accoglievano, cercavo di arrivare sempre con la luce in tutti i nuovi posti,boschi ,spiagge etc, per controllare ogni minimo dettaglio,ogni possibile via di fuga in casi estremi; per questo sorridevo a tutti prima di aprire bocca; Insomma per questo sono diventato quasi un paranoico.

Certo immaginavo ,che primo o poi il mio turno di “sacarme la chucha” sarebbe arrivato,ma in tutte le mie premonizioni era sempre dopo uno scontro epico con bruti che cercavano di assaltare il mio accampamento e  i miei amici (insomma le tipiche premonizioni di serie-dipendenti, nello specifico “the walking Dead”). Invece l’appuntamento con il destino arrivò giusto un’anno fa,era una tipica giornata  calda e secca nel deserto dell’Atacama. Decidemmo di avventurarci alla scoperta delle magnifiche valli scavati da fiumi preistorici ,che cambiano colori ad ogni ora del giorno. IL rosso secco,passa ad un’arancione intenso, poi sfuma in un arancione pallido,viola,rosa. La “Valle de la luna” ,che molti complottisti ritengano essere stato il set americano per girare il film dell’allunaggio, al tramonto è una tinozza impazzita. I colori saltano da un angolo all’altro dell’orizzonte,si poggiano sulle vicine Ande e rimbalzano,trasportati dal vento, sulla terra secca e lì rimangono fino a lasciare il posto alla chiara oscurità delle notti di luna piena.

Eravamo arrivati a godere di questa meraviglia in bici,dopo una ventina di Km di sali e scendi piacevoli. Il panino che addentavamo fissando la festa di colori era il giusto premio alle nostre fatiche e la riserva di energia per il ritorno. S’era fatto tardi e dovevamo tornare di corsa a San Pedro dell’Atacama per restituire le biciclette. Mi sentivo Pantani, quindi decisi di smaltire il mio panino volando sui terreni sterrati e arrivando per primo a consegnare le biciclette e salvare il gruppo dalla sovratassa per l’affitto.  Ma si sa: la fretta è cattiva consigliera e poi le biciclette affittate  ai turisti a 4 euro per una giornata intera non hanno freni.

C’è da dire che sono caduto molte volte in bici,  tutte erano cadute molto ridicole, una volta andai a sbattere di muso su un segnale di stop. Se qualcuno dovesse passare per le zone basse di Tito può ancora osservare i cimeli: la macchia di sangue a metà dell’asta del segnale  che se ne stà ancora pendente. Ma tutte le volte ero solo. Questa volta invece ad assistere la scena c’erano nell’ordine: il custode donna del parco, il mio compagno di viaggio numero 1, coinvolto anche lui nella caduto, la mia bicicletta dopo  diverse capriole nell’aria ha preso la sua, il compagno di viaggio numero 2,che è passato a tutta birra al nostro fianco mentre ci dimenavamo a terra, e la mia ragazza,che era rimasta indietro a scattare le ultime foto, a lei dedicai lo spettacolo più tragico di tutta la caduta, che a 60 km all’ora offrì un’emozione degna delle migliori “ultimate fail compilation”: lo svenimento.

 A 2500 metri di altezza, nel deserto più arido del mondo  la mia caduta aveva proprio tutto:  la spettacolarità ,la tragedia il tutto contornato da incredibili giochi di luce. Dopo 10 minuti di show, io che subito dopo la botta,ancora tramortito e sanguinante provavo a camminare e cadevo, arrivò a completare il quadretto anche l’angelo custode dal pick-up rosso. Nonostante i 40 gradi sentivo un feddo pazzesco,il pick up correva il più possibile,arrivammo all’ospedaletto da campo giusto in tempo per perdere la seconda volta i sensi. La nostra storia di viaggi a scrocco e accampate aggratiss commosse l’infermiera, che dopo averci offerto una notte a prezzo speciale nel suo ostello, ci regalò le garze e tutto l’occorrente per medicare i tagli profondi sulle braccia,sulle gambe e sulla schiena. Il “Dulcis in fundo” fu l’ancora più generosa concessione. L’infermiera ci presentò il conto(intorno ai 20 euro) mi guardò impietosita e mi disse :” sicuro per fare sto viaggio non avete soldi,dovrei farvi pagare,ma…. Andate!”

Le cicatrici della caduta le porto come ricordo sulle mie braccia.Ma con orgoglio posso dire che da quel giorno ho  usato anch’io il fatidico “sacarme la Chuhca”.
Paz,amor y libertad!


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